La badante omette le cure: è reato di maltrattamenti

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L’omissione di cure da parte della badante integra il delitto di maltrattamenti in famiglia.

a cura dell’Avv. Giampaolo Leggieri

 

Il caso e la sentenza 9724/2013 Cass. Pen.

A conclusione di un giudizio penale, la Corte d’appello di Roma ha confermato la condanna di una badante per il delitto di maltrattamenti in famiglia, commessi nell’arco di tre mesi, in danno di un giovane portatore di sindrome di down e inabile totale, con il quale era stata convivente con diritto di vitto e alloggio (Cass. sez. VI pen., sentenza n. 9724/13).

I giudici, nel ribadire che il reato di maltrattamenti è retto dal dolo generico, inteso come rappresentazione e volontà di sottoporre il soggetto passivo a sofferenze psico-fisiche in forma abituale, tali da lederne la dignità della persona, hanno rilevato che il comportamento della badante, assunta da un familiare della vittima non convivente, nei confronti della persona affidata alla sua assistenza, vigilanza e cura, è stato improntato a contegni di consapevole e continuativa umiliazione, tanto da determinare nella persona offesa, in rapporto alla sua condizione di difficoltà relazionale, una condizione di turbamento e di ingiustificata prostrazione e sofferenza (malcurato, tenuto in stato di scarsa igiene personale e ambientale, dimesso).

 

La condotta dolosa della badante

L’accusa, con l’aiuto di testimoni vicini di casa, ha provato che l’imputata aveva tenuto sempre un atteggiamento rude e imperioso nei confronti della vittima, sgridandolo più volte a voce alta, non curandosi della pulizia dell’appartamento e della sua igiene personale, spesso tenuto con la stessa camicia per giorni e giorni, trascurandone l’alimentazione, scadente e scarsa, tanto da provocarne un palese dimagrimento, sovente lasciandolo solo esposto a pericoli di vario genere.

I giudici penali hanno individuato l’elemento soggettivo del reato nei comportamenti di disdicevole svilimento e indifferenza per le fondamentali esigenze di vita nonché di costante trascuratezza e inutile virulenza autoritaria adottati verso il disabile.

Fino a determinarne, nel volgere di pochi mesi, una radicale negativa trasformazione umorale ed emotiva, con pregiudizio del benessere fisico e di immagine.

 

COME SI PROFILANO I MALTRATTAMENTI?

Il reato di maltrattamenti in famiglia è quindi integrato non soltanto da fatti commissivi opprimenti e maltrattanti direttamente la persona offesa, da cui deriva un inaccettabile e penoso sistema di vita, ma anche da omissione di cure e da deliberata indifferenza verso elementari bisogni esistenziali e affettivi.

Indifferenza espressa con dissimulata severità e fonte di inutile mortificazione, tale da incidere, non meno di gesti di reale violenza, sulla qualità di vita della persona offesa.

Le sgridate quotidiane, i rimproveri continui (atti commissivi), il vestiario sciatto e sporco, la scarsità del cibo, la mancanza di igiene e cure (atti di omissione), producono gratuite umiliazioni e sofferenze psicologiche nella persona affidata per ragioni di cura e vigilanza.

Le esigenze vitali, i bisogni di socialità e affettività di una persona affetta da sindrome di down, pari a quelli di un bambino, sono da tempo acquisiti alla conoscenza collettiva, in guisa da non richiedere speciali perizie medico-legali, essendo sufficiente la comune sensibilità e il rispetto per la diversità.

Sensibilità e rispetto doverosi che, se collegati ad un rapporto professionale di affidamento e cura della persona portatrice di handicap, valgono ad accentuarne gli estremi di gravità del fatto.

Avv. Giampaolo Leggieri

 

 

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Avv. Giampaolo Leggieri, esperto in diritto penale di Famiglia