La rinuncia all’eredità per debiti dell’erede: quando i creditori dell’erede possono aggredire i beni ereditati, è meglio rinunciare all’eredità?
Una lettrice ha posto una interessante domanda:
“Sono sposata in regime di separazione dei beni e non abbiamo figli. Mio marito ha accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate, per cui vorrei preservare la casa dove abitiamo, intestata esclusivamente a me, nel caso di mia premorienza. Ho intenzione di fare testamento e di indicare come erede una mia parente prossima, lasciando il diritto di usufrutto dell’abitazione in favore di mio marito, il quale rinuncerebbe all’eredità. L’Agenzia delle Entrate potrebbe ugualmente aggredire l’immobile?”
La rinuncia all’eredità per proteggere i beni di famiglia
Una premessa. Le cartelle notificate dall’Agenzia delle Entrate costituiscono titolo esecutivo; vale a dire che l’Agenzia non deve rivolgersi al giudice e ottenere una sentenza che accerti il proprio credito, per avviare la procedura di pignoramento. La cartella non impugnata, infatti, o la cui impugnazione è stata respinta, ha efficacia esecutiva.
Ciò comporta che nei confronti del marito della signora che ci scrive, il diritto dei creditori si sia già consolidato o che comunque con tutta probabilità lo sarà prima della morte di quest’ultima.
I crediti maturati prima della successione
Se il diritto dei creditori matura prima dell’apertura della successione, l’art. 524 cod. civ. prevede la possibilità che i creditori possano impugnare la rinuncia dell’erede e accettare l’eredità in nome e in luogo del rinunziante, allo scopo di soddisfare i crediti già consolidati.
L’articolo recita: “ Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive cinque anni dalla rinunzia”.
I creditori hanno quindi cinque anni di tempo prima che l’azione si prescriva, e ciò rende praticamente inutile la pur ingegnosa “via di fuga” ideata dalla nostra lettrice.
La rinuncia all’eredità e l’azione revocatoria
Il debitore, pertanto, non può rinunciare all’eredità se così facendo pregiudica le garanzie dei creditori. A questi ultimi viene infatti attribuita la possibilità di esperire un’azione revocatoria che annulla gli effetti della rinuncia all’eredità.
Tuttavia, affinchè l’azione sia proponibile, occorre che ricorra la possibilità di un “danno sicuramente prevedibile”, e cioè che il patrimonio del debitore non basterebbe –da solo- a soddisfare le pretese creditorie.
Avv. Piergiorgio Rinaldi – avvocato matrimonialista in Roma
Avv. Piergiorgio Rinaldi, esperto in diritto di famiglia
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Avv. Piergiorgio Rinaldi
La realta' della famiglia in crisi richiede conoscenze approfondite ed una dedizione assoluta. Soprattutto, richiede pratica quotidiana e grande passione personale. Per arrivare al migliore accordo.
Una lettrice ha posto una interessante domanda:
“Sono sposata in regime di separazione dei beni e non abbiamo figli. Mio marito ha accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate, per cui vorrei preservare la casa dove abitiamo, intestata esclusivamente a me, nel caso di mia premorienza. Ho intenzione di fare testamento e di indicare come erede una mia parente prossima, lasciando il diritto di usufrutto dell’abitazione in favore di mio marito, il quale rinuncerebbe all’eredità. L’Agenzia delle Entrate potrebbe ugualmente aggredire l’immobile?”
La rinuncia all’eredità per proteggere i beni di famiglia
Una premessa. Le cartelle notificate dall’Agenzia delle Entrate costituiscono titolo esecutivo; vale a dire che l’Agenzia non deve rivolgersi al giudice e ottenere una sentenza che accerti il proprio credito, per avviare la procedura di pignoramento. La cartella non impugnata, infatti, o la cui impugnazione è stata respinta, ha efficacia esecutiva.
Ciò comporta che nei confronti del marito della signora che ci scrive, il diritto dei creditori si sia già consolidato o che comunque con tutta probabilità lo sarà prima della morte di quest’ultima.
I crediti maturati prima della successione
Se il diritto dei creditori matura prima dell’apertura della successione, l’art. 524 cod. civ. prevede la possibilità che i creditori possano impugnare la rinuncia dell’erede e accettare l’eredità in nome e in luogo del rinunziante, allo scopo di soddisfare i crediti già consolidati.
L’articolo recita: “ Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive cinque anni dalla rinunzia”.
I creditori hanno quindi cinque anni di tempo prima che l’azione si prescriva, e ciò rende praticamente inutile la pur ingegnosa “via di fuga” ideata dalla nostra lettrice.
La rinuncia all’eredità e l’azione revocatoria
Il debitore, pertanto, non può rinunciare all’eredità se così facendo pregiudica le garanzie dei creditori. A questi ultimi viene infatti attribuita la possibilità di esperire un’azione revocatoria che annulla gli effetti della rinuncia all’eredità.
Tuttavia, affinchè l’azione sia proponibile, occorre che ricorra la possibilità di un “danno sicuramente prevedibile”, e cioè che il patrimonio del debitore non basterebbe –da solo- a soddisfare le pretese creditorie.
Avv. Piergiorgio Rinaldi – avvocato matrimonialista in Roma
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