Litigare davanti ai figli è reato se la veemenza del litigio è tale da configurare un trauma.
E’ quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n 18833/2018.
Reato litigare davanti ai figli
Perché litigare davanti ai figli può costituire reato? Occorre prima comprendere il concetto di “violenza assistita”.
Per violenza assistita si intende quella forma di maltrattamento consistente nell’assistere alla violenza fisica o verbale indirizzata contro una figura affettiva di riferimento.
In buona sostanza, maltrattare un familiare di fronte a un figlio, significa commettere due differenti forme di maltrattamento: una diretta, verso il soggetto passivo e l’altra verso il minore costretto ad assistere.
La “violenza assistita”, quindi, è il presupposto per realizzare una forma di maltrattamento verso il minore, punibile ai sensi dell’art. 572 c.p.
Dalla violenza assistita al reato
I minori devono essere tutelati da qualsiasi forma di violenza e di maltrattamento. Imporre loro di assistere alla violenza verso un loro familiare è una forma traumatica di sopruso indiretto che la Cassazione ormai equipara alla violenza diretta, punendo il maltrattante con la reclusione da uno a cinque anni.
Possiamo parlare di una violenza indiretta o passiva, tuttavia è evidente che litigare davanti ai figli, con parole offensive o violenza fisica, costituisce un attentato alla psiche del minore che va punito.
Bastano anche semplici intimidazioni o umiliazioni, per configurare un maltrattamento punibile ai sensi dell’art. 572 c.p.
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