Un padre separato domanda: miei figli adolescenti non vogliono più incontrarmi, la legge lo consente? Una sentenza della Cassazione del 2016, determina che dai quattordici anni il minore può scegliere in autonomia i tempi di riavvicinamento con il papà. A 15 anni, ormai un figlio può rifiutarsi di vedere un genitore.
Abbastanza grandi per decidere?
Una sentenza più recente parla dei quindici anni come limite che segna la vera e propria libertà di frequentare o meno il genitore non collocatario.
Ciò che non torna a quel padre separato è come si possa parlare di autodeterminazione del minore ultraquattordicenne se l’affido condiviso ha come termine di durata il compimento del diciottesimo anno d’età.
E, giustamente, l’impostazione della Cassazione e la rabbia dei papà “rifiutati” non possono trovare un punto d’incontro, poiché ciò che alla Cassazione sembra un principio di buon senso, per altri può sembrare un’anticipazione di autonomia del tutto fuori luogo.
Fino ai diciotto anni, ogni persona è priva della capacità di agire i propri diritti autonomamente (ad es. in giudizio). Ebbene, se un giovane minore d’età non può lavorare o sposarsi senza che sia a ciò espressamente autorizzato da una norma, in base a quale principio può invece decidere di sottrarsi alla frequentazione di entrambi i genitori affidatari, che pure è prevista in sede di separazione da un vero e proprio provvedimento giudiziale?

Un ragazzo è libero di infliggersi una perdita parentale?
A meno che il genitore rifiutato si sia reso responsabile di maltrattamenti o altri reati contro la persona del minore, esiste un generale dovere di rispetto verso entrambi i genitori che è stabilito dal codice civile e che dovrebbe impedire che il minore possa rifiutare arbitrariamente il genitore.
In realtà, in ogni tribunale, se quel giovane dichiarasse di voler cambiare residenza per andare a vivere con l’altro genitore, gli sarebbe concesso per via dell’orientamento granitico della Cassazione e della dottrina.
Il paradosso si tocca con mano se consideriamo che, molto spesso, figli pesantemente alienati sono lasciati a vivere con il genitore alienante per il semplice fatto che a 15 anni possono scegliere di farlo, poiché le “capacità di discernimento” già esisterebbero pienamente.
Per un avvocato matrimonialista è impossibile pensare che illustrando l’orientamento della Cassazione si possano aiutare padri che arrivano in studio accusando un rapporto con figli adolescenti improvvisamente trasformato. Servirebbero strumenti giuridici atti a punire il genitore che favorisce il distacco o che addirittura lo alimenta. La realtà è che quelli esistenti non sono efficaci.
Non a caso, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha più volte invitato l’Italia a munirsi di buone norme.
Ritengo tuttavia che il miglior strumento per evitare la “dispersione” del minore sia, ad oggi, una maggiore e meno controversa applicazione dei tempi paritari e del mantenimento diretto.
Abolire la figura del collocatario prevalente sarebbe già un enorme passo in avanti.
Avv. Piergiorgio Rinaldi – Avvocato matrimonialista a Roma

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