Una nuova ordinanza della Cassazione, la 2056/2023, ha abbassato ulteriormente l’età dopo la quale i figli maggiorenni si presumono capaci di lavorare. Nel caso preso in esame dalla Corte, si è stabilito che i figli maggiorenni sono in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento “già” a 29 anni. Sarebbe questa l’età dopo la quale, nella maggioranza dei casi, si può ragionevolmente ritenere superfluo il contributo del genitore.
Sembra essersi stabilito un importante precedente che consentirebbe di non proseguire nel mantenimento dei figli oltre i 29 anni, quindi molto prima rispetto al passato. Tuttavia, non dobbiamo considerare l’ordinanza come una “norma” che consenta al genitore onerato di liberarsi improvvisamente dell’obbligo di corrispondere l’assegno mensile.
Il precedente limite dei 34 anni
Abbiamo già trattato l’argomento, e abbiamo visto che la Cassazione aveva stabilito nel compimento dei 34 anni il limite oltre il quale i figli devono considerarsi definitivamente in grado di provvedere a sé stessi senza dipendere dai genitori.
L’ordinanza del 2023 anche se abbassa per la prima volta tale limite d’età, va in realtà confrontata con il caso concreto e non è vincolante bensì orientativa. Un corso di studi particolarmente impegnativo e lungo che richieda un ulteriore percorso di specializzazione, ad esempio, potrebbe giustificare di gran lunga il superamento dei 29 anni. Ancora, una disabilità o un altro limite del soggetto alimentato potrebbero a ragione giustificare il proseguimento del mantenimento anche ben oltre i 34 anni e a volte sino alla maturità.
La valutazione del giudice
Dobbiamo considerare che non esiste una regola valida per tutti e che solo il giudice, su richiesta del genitore obbligato al mantenimento, ha l’ultima parola sull’eliminazione del contributo.
In alcuni casi, ad esempio, sono stati riammessi al mantenimento figli già grandi che intendevano riprendere gli studi dopo averli interrotti (Cass. settembre 2021).
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